Un sabato mattina come tanti altri, la sveglia suona molto presto come ogni volta che ci dedichiamo alla fotografia. Insieme a Lorenzo Lambertucci (dell’Occhio nascosto dei Sibillini) ci addentriamo silenziosamente, zaino in spalla, dentro al bosco innevato pensando a cosa ci aspetta durante il cammino. Chi si occupa di fotografia naturalistica sa bene di cosa parliamo.
Sia chiaro, il sacrificio di alzarsi di notte pronti ad affrontare le intemperie della stagione invernale alla ricerca della luce perfetta, è sempre ripagato da esperienze uniche anche se a volte si torna a casa senza aver fotografato nulla.
Immersi in un paesaggio fiabesco ad opera delle recenti nevicate, ci troviamo davanti ad uno spettacolo raro e suggestivo: scene di combattimenti amorosi tra maschi di camoscio appenninico!
Rocambolesche corse, inseguimenti, e veri e propri scontri tra le rupi innevate! Ci rendiamo subito conto di trovarci davanti a qualcosa di straordinario dato che la violenza di questi scontri è del tutto eccezionale in quanto solitamente non avvengono contatti fisici tra i rivali.
L’emozione è indescrivibile; essere spettatori e testimoni di un tale spettacolo in una storia di conservazione di grande successo di un animale che era quasi estinto!
Ma per la spiegazione scientifica vi lasciamo al testo di Sofia. Buona lettura:
” Alla fine dell’estate i maschi adulti, che normalmente conducono vita solitaria o in piccoli gruppi, si aggregano ai branchi delle femmine sui pascoli in quota: da questo momento, gradualmente, iniziano il corteggiamento delle femmine e la competizione tra maschi, che crescono di intensità fino alla seconda metà di novembre quando le femmine entrano in estro e sono quindi pronte all’accoppiamento. I gruppi di femmine vengono difesi da un solo maschio che ne controlla di continuo lo stato ricettivo, tenendole riunite in branco e scacciando eventuali altri maschi competitori. La natura degli inseguimenti, dei combattimenti e delle altre attività di competizione tra maschi dipendono dall’età e dalla prestanza fisica degli individui (di norma esemplari di almeno 4-6 anni). Solo in rari casi si arriva allo scontro fisico vero e proprio tra due maschi. Le interazioni hanno inizio a distanza, attraverso segnali uditivi e visivi. I maschi comunicano per prima cosa attraverso sonori versi simili a “grugniti” lanciati nelle praterie d’altitudine. In un secondo momento, quando due individui si trovano vicini, si passa alle ostentazioni del vigore fisico: ogni maschio cerca di mettere in evidenza la sua forza assumendo posture laterali con testa e collo tenuti ben eretti e pelo sollevato sul dorso e sui fianchi nel tentativo di sembrare più grande e minaccioso. Altri comportamenti tipici di questa fase sono la marcatura di rami e steli d’erba con il secreto delle ghiandole poste sulla testa, lo scrollare il mantello durante la minzione per bagnarsi con l’urina o lo strofinare le corna con vigore su cespugli e rami di arbusti. Se questo confronto non è sufficiente a scoraggiare e far allontanare uno dei due contendenti si passa alle minacce dirette, effettuate a testa bassa con le corna (le armi del camoscio) orientate verso il rivale, tramite brevi cariche improvvise o lunghi inseguimenti durante i quali i due maschi si scambiano una o due volte il ruolo di inseguitore e di inseguito. In rari casi, se un camoscio riesce a raggiungere l’altro, cerca di uncinarlo alle cosce o al ventre o di farlo cadere dalle rocce, ma generalmente i due contendenti si limitano a mettere in mostra la propria agilità, resistenza e possanza: un vero combattimento sarebbe pericoloso per entrambi, in quanto anche il vincitore potrebbe uscire dallo scontro ferito ed essere quindi in difficoltà nel misurarsi nuovamente con un successivo pretendente. La natura favorisce gli individui in grado di stabilire le gerarchie senza arrivare allo scontro!
Generalmente sono i maschi di 8-9 anni ad essere all’apice della prestanza fisica e a riuscire quindi a conquistare e mantenere il controllo su un branco di femmine, il suo harem. La dominanza sugli altri maschi dura al massimo due anni e poi sarà un nuovo individuo a scalzare il precedente riproduttore e ad accoppiarsi con le femmine: questo è lo stratagemma ideato dalla natura per evitare che un maschio adulto si accoppi con le proprie figlie, che diventano adulte e possono riprodursi a partire dal terzo anno d’età.
Il camoscio è tornato a popolare i Monti Sibillini nell’autunno del 2008, quando sono stati reintrodotti i primi otto individui nell’ambito di uno degli importanti progetti LIFE ai quali l’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini ha preso parte, finalizzati alla salvaguardia della specie che fino a pochi anni fa era considerata ad alto rischio di estinzione. Nei successivi anni i camosci liberati sono stati complessivamente più di trenta, si sono subito ben adattati al nuovo ambiente ed hanno cominciato a riprodursi, permettendo alla popolazione di aumentare di consistenza e di ampliare il territorio utilizzato colonizzando nuove aree. Ad oggi si stima che la popolazione abbia raggiunto i 250-300 individui.”
Dott.ssa Sofia Menapace – Laboratorio di Ecologia Applicata
Etologa, responsabile tecnico-scientifico delle attività di monitoraggio del camoscio appenninico nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Guida Ambientale Escursionistica della Regione Marche, associata AIGAE MR266.
Foto di Marco Gratani e Lorenzo Lambertucci